Antonio Meneghetti (1936 – 2013) nasce in Italia e sin dai primi anni di vita trascorsi in Veneto, rivela una curiosità nell’apprendere mestieri che lo porteranno ad acquisire un’abile dimestichezza con molti materiali: dal legno, al ferro, alla ceramica. Studia ad Assisi città che ha avuto un ruolo fondamentale per la sua formazione artistica, che si consoliderà successivamente a Firenze, a Venezia e a Roma. Qui apre il suo primo studio alla fine degli anni ’70. Partecipa a diverse mostre in prestigiosi musei e sedi istituzionali in Italia ed all’estero – come la Rocca Paolina di Perugia, Castel dell’Ovo a Napoli, Palazzo della Civiltà a Roma, le Corderie dell’Arsenale e Palazzo Ducale a Venezia oltre che a San Pietroburgo, Brasilia e Pechino, per citarne solo alcune. Ha ricevuto tre Premi Cultura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (1980,1987 e 1989).
Dopo la sua scomparsa, le sue opere sono state protagoniste di diverse mostre prestigiose. A Torino è stata allestita nel 2017 l’ultima personale italiana di Meneghetti “Scolpire la luce”, a cura di Ermanno Tedeschi, nella quale sono stati messi in mostra lavori di design, oggetti e sculture per la maggior parte realizzati in vetro a Murano. Mentre l’ultima personale al di fuori dall’Italia, si è tenuta dal 27 settembre al 31 dicembre 2018 allo Shangai Yue Museum of Art.
Guido Curto, critico d’arte, scrive: “Antonio Meneghetti è stato un uomo geniale, generoso e gioioso. Questo aspetto della sua forte personalità lo ritroviamo nel suo fare artistico. L’arte per lui è stata soprattutto pittura, ma anche lavorazione del vetro e scultura, messa in atto dopo avere studiato e conosciuto da vicino la grande storia dell’arte italiana, in particolare a Roma. Nel periodo in cui Meneghetti compiva studi storici, teologici e filosofici iniziava giovanissimo a confrontarsi con gli Antichi Maestri e con la musica, anche se a vedere le sue opere risulta subito chiaro che lui non ha maniere da perseguire o stili del passato da inseguire”.
E’ stato un profondo amante della vita in tutti i suoi aspetti, un raffinato osservatore del mondo e della natura umana. I suoi quadri sono caratterizzati da astratte pennellate di colore, mentre al centro degli oggetti di design c’è l’uomo. Egli stesso dirà della sua arte: “si tratta di cogliere tra due colori il loro denominatore universale, la trascendentalità, il punto di equilibrio luce dove tutti si armonizzano”. I temi trattati nell’opera di Antonio Meneghetti sono diversi e vanno dal figurativo all’astratto, di cui “i bianchi e i neri” sono quadri essenziali e assoluti e ne rappresentano la massima espressione. Nelle sculture di Antonio Meneghetti il vuoto è fondamentale e il più delle volte è lo spazio più corposo che richiama il protagonismo del bianco sulla tela.
Antonio Meneghetti è stato anche un caposcuola e ha scritto molto sulla sua concezione dell’arte. Negli anni Settanta, ha creato un movimento, chiamato OntoArte, che riassume il suo pensiero artistico.
A conferma della fondamentale importanza che Antonio Meneghetti attribuiva all’arte, nel suo libro “OntoArte, l’In sé dell’arte” (una sorta di Manifesto della sua visione applicata all’arte visiva) scrive: “L’Essere, nel suo stato primario, è atto estetico. Addirittura l’estetica va considerata più importante della semplicità, dell’unicità, della bontà”. L’estetica detiene quindi un primato assoluto. Ma attenzione, non si deve intendere questo termine nella sua superficialità, ma in senso profondo. Per Meneghetti il “bello” si realizza quando qualcuno riesce a tirare fuori l’armonia che ha dentro di sé. In altre parole, per lui, l’artista deve essere ispirato e mosso da una ricerca di grazia interiore e da un desiderio di esprimere il naturale anelito dell’uomo verso una evoluzione sana ed armonica del proprio essere.
Antonio Meneghetti sottolinea poi che l’OntoArte non è una tecnica. Le tecniche sono infinite, mentre l’aspetto veramente importante è che l’artista porti alla luce il suo “In se ontico”. Concetto che sta alla base della filosofia di Antonio Meneghetti, che definiva come un principio perfetto e vitale, presente in tutti gli uomini sotto la soglia della loro coscienza. Qualcosa che viene prima dello stesso dna, e contraddistingue e rende unico ogni singolo essere umano.
Ponendosi in discontinuità con le principali tendenze dell’arte moderna, quelle che hanno caratterizzato il Novecento, che si sono attorcigliate troppo spesso intorno a elaborazioni strettamente concettuali, Antonio Meneghetti teorizza dunque l’importanza del bello, dell’armonia. In sostanza, occorre recuperare un concetto e una prassi di arte come simbolo di ordine e bellezza, perché l’arte non può essere intesa come trasposizione di sogni psicanalitici, espulsione e scarico di conflitti o criteri di moda sostenuti da un mercato invadente e devastante. Meneghetti mette in guardia, dal relativismo, portato dalla globalizzazione“, per cui vale tutto e il contrario di tutto.
“Rispetto ad altre correnti artistiche”, scrive Meneghetti, “l’OntoArte è differente più che altro nella sua ispirazione. L’OntoArte non ama l’uomo malato, schizofrenico, l’uomo che sembra vivere in funzione della morte. Essa non condivide alcuna azione artistica aggressiva o patologica per l’essere umano”. Quando si guarda un’opera artistica, si deve sentire il calore di quella trasparenza spirituale che l’arte può dare alla vita.
L’educazione al bello e alla creatività sono molto più importanti di quanto oggi si sia portati a pensare, per lo sviluppo positivo della persona e per l’evoluzione armonica della sua identità. “Importante è far evolvere la creatività, favorendone uno sviluppo virtuoso. È dei creativi che ha bisogno l’umanità, oggi e in futuro, più di ogni altra cosa”, sostiene Antonio Meneghetti.